

È possibile dunque determinare quel particolare numero di unità di mix in relazione al quale si ha l’uguaglianza tra ricavi e costi totali e quindi profitto nullo. Possiamo dunque ricavare la quantità di equilibrio dalla precedente equazione del profitto:
q* ∙ (p- cu) = CS → P = 0 𝑞 ∗ = 𝐶𝑆 𝑝 − 𝑐𝑢
La quantità d’equilibrio è correlata positivamente con i costi di struttura e negativamente il margine di contribuzione. È necessario utilizzare tale grandezza quale indicatore della validità della struttura d’impresa, anche attraverso opportuni raffronti nel tempo e nello spazio e degli effetti sulla economicità della gestione di possibili interventi di adeguamento strutturale. Possiamo poi osservare ulteriormente il ruolo del margine di contribuzione, considerando che:
𝑃(𝑞) = (𝑝 − 𝑐𝑢) ∙ 𝑞 − 𝐶𝑆
E poiché: 𝐶𝑆 = 𝑞 ∗ ∙ (𝑝 − 𝑐𝑢)
Si ha: 𝑃(𝑞) = (𝑝 − 𝑐𝑢) ∙ 𝑞 − 𝑞 ∗ ∙ (𝑝 − 𝑐𝑢)
E quindi: 𝑃(𝑞) = (𝑝 − 𝑐𝑢) ∙ (𝑞 − 𝑞 ∗)
Tale espressione chiarisce che il profitto è la risultante del prodotto tra il margine di contribuzione (p – cu) e la differenza tra produzione (espressa in unità di mix) prevista e di equilibrio.
Emerge dunque l’importanza del ruolo del margine di contribuzione: il suo ruolo è duplice: concorre direttamente alla formazione del profitto e vi concorre anche attraverso la determinazione di q*. Anziché far ricorso all’unità di mix è possibile esprimere le leggi di comportamento dell’impresa in funzione del volume dei ricavi.




