Il modello di Nelson e Winter

Modelli evolutivi di innovazione e dinamica industriale

Introduzione al modello di Nelson e Winter (1982) (analisi della relazione tra innovazione e struttura di mercato) ha aperto il filone dei modelli evolutivi.

Visto che i processi evolutivi sono caratterizzati dalla presenza diffusa di varie forme di incertezza, da rendimenti crescenti e da esternalità, i modelli che hanno lo scopo di indagare le proprietà di ambienti sottoposti a progresso tecnologico devono necessariamente incorporare le seguenti caratteristiche:

  1. DINAMICA: è elemento cruciale dell’analisi i modelli statici o di statica comparata non riescono a cogliere la complessità del fenomeno innovativo. Il modello deve avere infatti lo scopo di chiarire il processo attraverso il quale si arriva a particolari risultati (ad esempio, in termini di concentrazione industriale) se esiste uno steady state (equilibrio) non basta conoscere il punto d’arrivo, ma rilevano soprattutto le caratteristiche del processo stesso. Se invece il processo dinamico raggiunge uno stato open ended, allora rilevano le proprietà della transizione.
  2. INCERTEZZA: dato il ruolo cruciale svolto dall’incertezza, i modelli dovranno avere una componente stocastica;
  3. NON-LINEARITÀ: connessa alla presenza di cumulatività, al ruolo delle capabilities, ai rendimenti crescenti equazioni non lineari fenomeni di path dependency, che rafforza la necessità di avere modelli dinamici.

Modelli complessi simulazione: guidata dalla teoria; è necessario effettuare test di robustezza e di sensitività per verificare la solidità dei risultati raggiunti.

IL MODELLO DI NELSON E WINTER (1982)

Obiettivo: spiegare il fenomeno della concentrazione industriale, la reazione delle imprese al cambiamento delle condizioni esterne, la relazione tra la dinamica economica ed i processi evolutivi sottostanti caratterizzati da selezione ed apprendimento.

Analisi del modello limitatamente alla sua versione che descrive la relazione tra progresso tecnologico e forme di mercato.

Ipotesi di base:

  1. Le imprese sono gli agenti principali;
  2. Le imprese sono caratterizzate da razionalità limitata e agiscono sulla base di regole decisionali (routine) che incorporano le loro competenze produttive accumulate;
  3. Le imprese hanno 3 regole decisionali principali: utilizzo della capacità produttiva, politica di investimento e politica innovativa (slide: investimento, innovazione e imitazione);
  4. Ciascuna impresa produce un unico prodotto, utilizzando pienamente la propria capacità produttiva es usando tecniche a coefficienti fissi, che differiscono tra loro in termini di output Y/una unità di capitale K.

Ipotesi supplementari:

  1. Lo stato dell’impresa j al tempo t è , dove Kjt è lo stock di capitale fisico ed ajt è la produttività del capitale. L’output dell’impresa j al tempo t sarà pari a: ;
  2. L’unità di capitale fisico è usata come numerario;
  3. I fattori produttivi hanno un’offerta perfettamente elastica;
  4. Al tempo t l’impresa j è caratterizzata da una regola decisionale concernente la spesa in R&S (a carattere innovativo o imitativo) e una regola decisionale riguardante l’investimento in capitale fisico è la regola decisionale concernente l’attività innovativa dell’impresa; quindi rappresenta l’ammontare della spesa in R&S;
  5. L’ammontare della spesa in R&S è proporzionale alla probabilità che l’impresa j ha di estrarre da una distribuzione log-normale centrata sulla massima produttività possibile date le condizioni tecnologiche dell’industria al tempo t (=produttività latente
  6. Le innovazioni riducono i costi unitari di produzione, aumentando ;
  7. è la regola decisionale dell’attività imitativa è l’ammontare che l’impresa j spende nell’imitazione delle innovazioni altrui (= probabilità di imitare con successo) come nel caso precedente, la probabilità di imitare è proporzionale al capitale accumulato ruolo della dimensione!!! come nel caso precedente, l’impresa di grande dimensione (per una stessa strategia innovativa) ha una maggiore probabilità di imitare rapidamente e con successo, rispetto ad un’impresa di piccole dimensioni.

DINAMICA DELL’INDUSTRIA:

In una prima fase, la produttività latente a muta in maniera indipendente dallo stato delle imprese, e la sua distribuzione di probabilità al tempo t dipende soltanto da quella relativa al tempo (t-1). L’output dell’industria X è dunque uguale alla somma degli output delle singole imprese:

La funzione di domanda (dove S è una costante) ha elasticità unitaria, e determina il prezzo di mercato del prodotto e le relazioni contabili per le singole imprese.

In una seconda fase, prende avvio il processo dinamico: ciascuna impresa acquisisce un nuovo livello di produttività uguale al più alto tra i valori di e i risultati delle proprie strategie di innovazione e di imitazione il nuovo livello di produttività dipende dunque dal livello di produttività precedente, dall’attività innovativa posta in essere e dall’attività imitativa posta in essere.

Il valore della produttività nel nuovo periodo determina il costo unitario (costante) di produzione secondo la relazione:

Dove g è il tasso (costante) di deprezzamento fisico del capitale, v un tasso (costante) che include dividendi ed interessi e c un tasso (costante) relativo al costo degli input variabili.

In termini dinamici, il costo unitario dell’impresa T è inversamente proporzionale alla produttività e vedrà il denominatore cambiare ad ogni periodo e per ogni impresa in ragione dell’evoluzione di a e dunque della dinamica innovativa ed imitativa.

Le decisioni di investimento delle imprese dipenderanno dal mark-up, dai prezzi e dal costo unitario. Dato il costo unitario T, l’impresa j valuterà se investire comparando il proprio mark-up (dove e è l’elasticità della domanda percepita dall’impresa ed S è la quota di mercato dell’impresa) con il rapporto tra prezzo e costo unitario .

Se l’impresa allora decide di investire, ed investe l’ammontare :

Dove h è un coefficiente di aggiustamento. L’ammontare massimo che l’impresa può effettivamente investire è pari a:

Dove la costante b indica l’ammontare massimo che l’impresa può prendere a prestito, uguale a 0 in caso di perdite. Di conseguenza l’investimento effettivo lordo è pari a:

E lo stock di capitale dell’impresa j nel periodo (t+1) sarà:

Nel periodo (t+1) le imprese raggiungono un nuovo stato espresso da:

Date queste assunzioni, N&W studiano la dinamica tramite simulazioni, approssimando cioè gli esiti sistemici quali esito di interazioni tra agenti eterogenei rispondenti a specifiche regole di comportamento circa innovazione, imitazione ed investimenti.

  • Le simulazioni sono relative a 100 periodi;
  • Il numero iniziale di imprese è pari a 2,4,8,16 e 32 (metà innovatrici e metà imitatrici);
  • Le imprese partono tutte con la stessa dimensione e con lo stesso livello di produttività (pari al livello della produttività latente);
  • L’evoluzione del sistema è determinata dal variare dei parametri a, i, z ed e;
  • Al tempo t l’industria è in equilibrio con un investimento desiderato pari a 0.

Sintesi dei risultati principali del modello:

  • Le industrie con un numero ridotto di imprese si caratterizzano per un più elevato livello di produttività finale ed un più elevato rapporto tra la produttività media dell’industria e quella latente (le imprese hanno all’incirca lo stesso livello di produttività a omogenea, data la facilità di imitare);
  • Industrie con un numero elevato di imprese: differenze più marcate tra imprese innovatrici ed imprese imitatrici maggiore varianza in termini di a (differenze causate dal processo di diffusione e sono tanto più elevate quanto più l’imitazione è difficile).

Sono 4 i fattori che influenzano significativamente la struttura finale dell’industria:

  1. Tasso di crescita della produttività latente;
  2. Difficoltà di imitazione;
  3. Incerta performance innovativa variabilità dei risultati dell’attività di innovazione dell’impresa;
  4. Intensità degli investimenti (aggressività delle politiche di investimento).

La concentrazione è positivamente correlata a:

  • Strategie aggressive delle imprese in termini di investimento non limitano volontariamente il tasso di crescita del proprio output;
  • Elevato tasso di crescita della produttività latente;
  • Elevata difficoltà di imitazione;
  • Elevata variabilità dei risultati dell’innovazione.

Quindi la concentrazione nelle industrie dipende da 3 fattori (esogeni) principali:

  1. Curva di domanda (connessa con gli investimenti);
  2. Condizioni di opportunità;
  3. Condizioni di appropriabilità dell’innovazione.

N&W offrono anche elementi utili per un’analisi del trade-off schumpeteriano tra progresso tecnologico ed efficienza produttiva: nell’ottica dell’economia del benessere una situazione di monopolio non è ottimale, in quanto provoca una perdita in termini di surplus del consumatore e di efficienza produttiva. Tuttavia, in un’ottica dinamica, un certo livello di potere di mercato è necessario per il progresso tecnologico, sia per l’ammontare di risorse che devono essere impiegate nell’attività di R&S, sia per la possibilità di sfruttare commercialmente un’innovazione la concentrazione può dunque essere “benefica” l’industria che ha una concentrazione stabile nel tempo presenta un più elevato margine tra prezzi e costi (efficienza statica) ed una più elevata produttività media (efficienza dinamica).

Ulteriori elementi concorrono a spiegare il processo di concentrazione industriale: una politica di imitazione ha tanto maggiore successo quanto più ridotte sono le possibilità di appropriabilità dell’innovazione da parte dell’impresa innovatrice se il tasso di crescita della produttività latente è moderato e l’imitazione è facile, l’attività imitativa è altamente profittevole e l’impresa imitatrice è in grado, nel lungo periodo, di eliminare l’impresa innovatrice.

Gli imitatori potrebbero però decidere di attuare una strategia di contenimento del proprio output e dunque della propria dimensione per prolungare nel tempo la propria posizione di imitatori che si appropriano rapidamente e continuamente delle innovazioni delle altre imprese un’impresa può infatti crescere in un’industria con un elevato tasso di crescita della produttività latente, con facilità di imitazione e con grandi imprese imitatrici, perché dapprima ha innovato con successo, ma, una volta raggiunte dimensioni rilevanti, ha trovato più profittevole mutare strategia e diventare imitatrice.

CONCLUSIONI:

  • La crescita della produttività nel tempo permette all’impresa di investire maggiormente in capitale fisico, perché se fa previsioni giuste sulla domanda realizza extra-profitti (P>T*m);
  • La dinamica degli investimenti dipende anche dalle routine idiosincratiche;
  • Se crescono gli investimenti, aumenta la probabilità di innovare nel tempo e di rimanere sul mercato;
  • Vi è una relazione biunivoca tra struttura di mercato e dinamica dell’innovazione: una specifica forma di mercato non è solo la condizione necessaria per un elevato tasso innovativo, ma è pure la conseguenza di innovazioni riuscite un’impresa può avere economie di scala nell’introduzione di innovazioni ed aumentare la sua quota di mercato perché ha innovato con successo.
  • Distinzione tra dimensione e potere di mercato: la dimensione consente alle imprese imitatrici di applicare l’innovazione altrui su un rilevante ammontare di produzione, e di continuare ad imitare; il potere di mercato protegge un’impresa dalle strategie aggressive delle imprese imitatrici. Esiste però una fondamentale asimmetria: l’impresa imitatrice non potrà mai raggiungere un livello di produttività più elevato di quello dell’impresa innovatrice un’industria con uno sviluppo tecnologico endogeno e locale, con imprese imitatrici di grandi dimensioni che non seguono una strategia di contenimento dell’output, può provocare un alto costo sociale dovuto al ridotto tasso di sviluppo della sua produttività media.

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