Qui di seguito proponiamo esempi di domande su letteratura latina, alle quali bisogna rispondere in 10 righe (come in genere si richiede alla terza prova di maturità):
- Il pessimismo di Fedro attraverso le sue favole: Fedro ha una visione pessimistica del mondo: il male viene visto come inevitabile: nelle sue favole non vuole avversare lo stato delle cose, ma semplicemente denunciarle. Non va ad attaccare le singole persone, bensì i loro vizi. Anche la sua concezione dei rapporti interpersonali è pessimista: prevale in essi la legge del più forte: gli schiavi non possono ribellarsi al padrone, devono solo sopportare il giogo per evitare di essere sottoposti ad uno peggiore (questa visione è ben evidente nella favola dell’asino che, all’arrivo dei nemici, non scappa con la giustificazione che tanto anche con loro avrebbe dovuto ugualmente sopportare il giogo); la legge del più forte è invece ben evidente nella favola del lupo e dell’agnello; il valore più importante per Fedro è la libertas come emerge dalla favola del lupo magro e del cane grasso, ma costretto a portare un collare.
- La filosofia Senecana: Seneca realizza una filosofia che ha lo scopo di alleviare i dolori degli uomini: vuole far capire in cosa consista il vero bene e il vero male e mettere in guardia da quelli che sembrano beni ma in realtà sono mali; far capire quelli che non sono nè beni nè mali, ma sono preferibili nelle circostanze; intendere che la radice del bene è nella nostra coscienza e buona volontà; capire che di fronte ai veri beni e veri mali siamo tutti uguali; capire quale sia il senso e il fine della vita dell’uomo; capire il ruolo di Dio e del destino e dei rapporti che intercorrono tra l’uomo e Dio e tra l’uomo e il destino.
- Le Naturales Quaestiones: è un trattato di Seneca col quale il filosofo vuole salvare gli uomini dall’ignoranza e dalla paura, dimostrando che i fenomeni meteorologici non indicano l’ira degli dei sugli uomini, ma sono determinati da leggi scientifiche; ogni capitolo è dedicato ad un determinato fenomeno; a ciò aggiunge una riflessione sul progresso scientifico: Seneca è convinto che un giorno la scienza scoprirà cose nel presente ignote: mostra dunque una grande lungimiranza e una grande fiducia nella scienza, anche se è scettico circa le sue applicazioni tecniche, che possono divenire strumento di avarizia e vizi.
- I personaggi del “Bellum Civile” di Lucano: Cesare è il personaggio del tutto negativo: ha sete di sangue e di guerra, è odiato da tutti e ne gode, ricorda il Catilina sallustiano ed è molto vicino ad un tiranno; è un antienea in quanto non è pio nè verso gli dei (infatti abbatte un bosco sacro), nè verso la patria (infatti attraversa il Rubicone); Pompeo è un difensore della Repubblica ma è troppo poco sicuro di sè e dei suoi soldati; sarà costretto a decadere senza l’aiuto della fortuna; è comunque anche lui un personaggio negativo in quanto se avesse preso lui il potere, non avrebbe resistito alla tentazione di imporre un potere assoluto; Catone è il campione della libertas repubblicana, incarna il sapiens stoico, unico personaggio positivo, ma troppo poco presente per assurgere al ruolo di protagonista; si tratta quindi di un poema senza eroe.
- cosa si intende per “antifrasi” dell’ Eneide?: Il Bellum Civile è privo di apparato mitologico e ciò lo rende una sorta di “antieneide”; Lucano invece di esaltare gli eventi narrati (come accade nell’epica), li deplora; il tema della morte è preponderante sugli altri (assume rilievo il tema dell’orrido e del macabro); In Lucano, contro l’epica e anche contro un atteggiamento stoico, manca l’amor Fati: lui non crede che una Provvidenza buona abbia causato la decadenza di Roma, ma un fato invidioso della sua grandezza; l’Eneide viene ripresa, ma ribaltata: Nel proemio l’argomento non è più la nascita e la gloria di Roma, ma la sua decadenza; la profezia di Anchise nel sesto libro dell’eneide circa la futura gloria di Roma, si sostituisce con quella della maga Eritto, circa la sua decadenza. Inoltre nel bellum civile cesare è un anti Enea e manca un eroe centrale.
- Il tema del labirinto nel “Satyricon” : Nel Satyricon i personaggi girano a vuoto: Si muovono, compiono azioni, senza mai giungere ad una conclusione; non riescono mai a trovare una via d’uscita, anche perché il protagonista, encolpio, che incarna l’anti Ulisse, non sa agire, non sa mai cosa fare, non fa scelte e ciò si risolve in un completo disordine che lo fa perdere come in un labirinto; con la tecnica dell’ infilzamento i fatti sono accostati gli uni agli altri, a volte senza nessun logici e ciò rende anche nello stile l’idea di un disordine labirintico senza uscita.
- La figura di Trimalcione: Trimalcione è un Liberto arricchito che cerca di nascondere le sue umili origini ostentando una cultura che in realtà non possiede: Petronio lo fa notare diverse volte con il suo realismo: fa notare che anche dietro parole vanno ordinate si nasconde in realtà un ignoranza di fondo. Trimalcione diviene il simbolo della decadenza e dei valori decadenti e volgari della società del tempo, tutta impegnata in banchetti: infatti la cena di trimalcione occupa quasi metà della parte conservata del Satyricon; nella sua cena ogni portata diviene metafora di sesso, insieme al denaro e al cibo divengono i temi principali, biasimati e ridicolizzati da Petronio.
- Le satire di Persio a confronto con quelle di Giovenale: Persio nelle sue satire ha come oggetto i pallentes mores, costumi malati che si propone di correggere e guarire come un medico,(usa la filosofia come antidoto) mediante lo strumento del ludus, mai sciatto o volgare; giovenale anche ritiene che le satire debbano avere uno scopo non solo edonistico, ma a differenza di Persio non vuole educare, ma solo denunciare le situazioni che osserva e non usa più il ludus, ma, almeno nelle prime sette satire, usa l'”indignatio”: Essa viene suscitata nei lettori grazie alla statizzazione del verum,che, come in Persio, coincide con i costumi corrotti dei Romani, visti nei loro aspetti deteriori. Persio attacca solo i vizi e non gli uomini, invece Giovenale nella quarta satira critica apertamente lo stesso Domiziano, citando anche i nomi dei clientes e dei padroni.
- La struttura degli epigrammi di Marziale: Gli epigrammi di Marziale si caratterizzano per la brevitas e per la varietas sia di forme sia di contenuti; i suoi epigrammi non si caratterizzano per un metro preciso, ma per la concisione e la pregnanza; una loro caratteristica è il fulmen in clausula, ossia la battuta inaspettata che, posta alla fine dei componimenti, rovescia tutta la situazione precedente, che spesso consta di cataloghi che Marziale usa per descrivere caratteristiche; vista la presenza del fulmen in clausula alcuni critici hanno parlato di struttura bipartitica: Una prima parte è solo l’attesa della seconda, che coincide col fulmen.
- I filoni tematici in Marziale: Il filone preponderante è quello comico realistico in cui Marziale ci descrive gli aspetti più vari della società romana sempre con tono beffardo e sagace; abbiamo poi il filone funerario, quello encomiastico (ci sono anche i encomi di imperatori), quello descrittivo, in cui descrive oggetti, fatti di cronaca o fatti illustri del passato; il filone erotico, in cui l’amore è visto come semplice istinto sessuale; il filone e riflessivo, in cui mostra di prediligere la campagna, che può offrire qualcosa anche ai più poveri; il filone letterario è quello in cui il lavoro del letterato viene visto come utile solo se ben retribuito.
- Contenuto e finalità dell’Institutio oratoria: I contenuti di quest’opera sono vari: Quintiliano descrive la figura del perfetto oratore che per lui deve essere, vir bonus dicendi peritus; è importante il libro decimo: È il primo libro di critica letteraria Latina in cui Quintiliano critica Seneca per il suo stile spezzettato e corrotto e mostra quali siano i modelli da seguire: Orazio per la prosa e Virgilio per la poesia. Quintiliano si occupa poi anche della decadenza dell’oratoria: Per lui essa è causata da Motivi tecnici e morali, ma la soluzione da lui prospettata di un ritorno a Cicerone è impossibile. Quintiliano dedica molto tempo all’educazione e mostra una certa modernità: è contro le punizioni corporali, pensa che il maestro debba essere una sorta di padre, è a favore dell’insegnamento collettivo; poi ci parla anche dell’oratoria, delle sue parti e degli stili oratori, e dei tre scopi dell’oratore: movere, docere, delectare.
- la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio: La caratteristica principale di quest’opera è l’accumulazione di moltissimi dati: essi vengono selezionati solo in base al buon senso e all’utilità pratica che avrebbero potuto avere: Plinio è infatti interessato non tanto alle cause dei fenomeni, che considera inattingibili dall’uomo, tanto al riunire più fondi possibili, nella speranza che il pubblico condivida la sua stessa curiosità. Predilige i mirabilia, ossia quegli eventi fantastici, attinti in gran parte dalla paradossografia greca. Plinio è a favore del progresso scientifico a patto che non si varchino i limiti imposti dalla natura; come Seneca è antitecnologico.
- Il Panegirico a Traiano a confronto con il De Clementia: Si tratta di un’opera di Plinio il Giovane in cui l’autore presenta Traiano come un dono degli Dei: esalta le sue virtù a contrasto con i difetti di Domiziano ed esalta la sua politica filosenatoria; Seneca nel de clementia propone un programma politico sebbene utopistico, essendo uno stretto collaboratore del Princeps a differenza di Plinio: Lui è un semplice portavoce del Princeps che possiede gli strumenti per diffondere i suoi mandata e le sue decisioni; assume dunque un atteggiamento passivo e non attivo come Seneca, limitandosi ad accettare passivamente la politica traianea.
- Struttura dell’Epistolario di Plinio il Giovane: È composto da 10 libri, 9 dedicati agli amici; il decimo è invece un carteggio ufficiale con Traiano. Nelle epistole agli amici Plinio, nonostante l’apparente disordine, segue invece il principio della varietas, alternando le lettere in base ad argomenti diversi, resosi conto della monotonia della sua vita. Alcune lettere sono fittizie, come quelle più lunghe ed elaborate; tra le lettere agli amici è importante quella in cui descrive la morte di suo zio Plinio il Vecchio durante l’eruzione del Vesuvio. Il carteggio con Traiano ci offre un quadro delle funzioni di un governatore Provinciale ed è importante la lettera in cui Plinio chiede Traiano come debba comportarsi con i cristiani: si tratta infatti della prima testimonianza della diffusione del Cristianesimo.
- Le biografie di Svetonio: Nel De Vita caesarum svetonio descrive le vite dei primi 12 imperatori soffermandosi non solo sulle loro azioni pubbliche ma descrivendo anche i caratteri e le occupazioni private. Proprio per questo decide di procedere “per species” ossia per categorie. I suoi Cesari sono contraddittori in quanto accosta vizi e virtù: ma lui non interessa l’introspezione psicologica: gli interessano solamente i fatti. Nel descrivere le sue biografie riporta anche i pettegolezzi e le dicerie, le strane occupazioni degli Imperatori, le loro stranezze sessuali, lasciando molto al romanzesco. Certo si tratta comunque di un erudito e infatti riporta anche le loro occupazioni letterarie e si mostra interessato al concreto funzionamento dello Stato, ed è certamente attendibile visto che aveva accesso diretto agli archivi.
- L’ “Agricola” di Tacito: Si tratta di una biografia romanzata in cui convergono aspetti anche di altri generi: La prefazione assume le forme di un libello politico contro Domiziano, anche se agricola è un suo collaboratore, nonostante Tacito lo presenti come una sua vittima. La narrazione diviene più specifica quando agricola diventa governatore in Britannia: qui abbiamo un excursus geografico ed etnografico, propri di una monografia storica. Manca il ritratto fisico e le azioni private. La descrizione della sua morte è un epitaffio che riprende le laudatio funebris e gli exitus virorum illustrium. Degno di nota è il discorso di calgaco, capo dei caledoni, sconfitto da agricola: si tratta di una aggressiva requisitoria contro l’imperialismo Romano.
- La Germania di Tacito: Si tratta di un’opera etnografica in cui Tacito inizialmente descrive in maniera generale gli usi dei germani e le caratteristiche della loro terra; dopo passa a descrivere nei particolari i Mores delle singole tribù; l’ossessione centrale di Tacito è però Roma: la sanità morale dei germani ricorda quella degli antichi romani; i costumi dei germani vengono descritti in positivo e in contrapposizione a quelli negativi dei romani contemporanei. Il vizio peggiore dei germani è la discordia, che ha però un vantaggio per Roma: i Germani si uccidono tra loro e si indeboliscono da soli mentre uniti sarebbero un pericolo.
- Concezione dell’oratoria nel “Dialogus” di Tacito: In quest’opera tre personaggi esprimono la loro idea circa la decadenza dell’oratoria: Apro è un avvocato di successo che non la considera decadenza ma semplice evoluzione, prendendo a sostegno della sua tesi l’iniziale antipatia anche nei confronti di Cicerone; Messalla adduce come cause della decadenza dell’oratoria motivi tecnici e morali; Materno invece, che incarna l’idea stessa di Tacito circa questo argomento, è convinto che la decadenza dell’oratoria sia dovuta alla mancanza della Libertas, venuta meno con l’avvento del principato; quest’ultimo non viene comunque criticato: Bisogna prenderne atto e visto che non è più possibile dedicarsi all’oratorio bisogna dedicarsi ad altro, come la poesia o la storiografia.
- La concezione della storia di Tacito: È lecito ricercare le cause solo di un evento fortuito e non di un evento fatalmente predestinato: il fatalismo deterministico esclude infatti la ricerca delle cause; occorre ricordare che la causa non implica la necessità dell’evento storico ma solo la sua attuabilità, visto che cause uguali possono dar vita a conseguenze diverse: caso e causa sono dunque due aspetti imprescindibili del fenomeno storico: questa concezione indusse l’azione individuale ad intervenire: il primo a farlo è l’homo audens, la cui presenza è casuale, che trasforma le disposizioni delle anime in fatti della storia, mettendo in atto quello che i rapporti causali avevano già predisposto. L’homo audens racchiude quindi in sè caso e causa.
- Lo stile di Tacito: Tacito deriva il suo stile da Sallustio, si tratta dell’asianesimo. Con il suo stile Tacito mira al coinvolgimento emotivo del lettore. È uno stile grave, piano di tensione. È uno stile ricco di sentenze; tacito utilizza un ricco vocabolario e possiamo notare una certa patina arcaica. Lo stile è caratterizzato da brevitas e varietas. Lo stile di Tacito si adatta di volta in volta all’argomento. Sono molto frequenti sineddoche e metonimie. È uno stile che sarà molto amato nel periodo barocco in cui nasce il tacitismo.
Siete dei grandi ?