Kierkegaard

La filosofia di Kierkegaard si caratterizza per il suo distacco dall’idealismo, dal quale si differenzia profondamente per diverse ragioni:

  1. invece di prediligere la dimensione universale, come era proprio di Hegel, Kierkegaard predilige invece l’individuo nella sua singolarità;
  2. fa attenzione e tiene particolarmente all’ esistenza concreta;
  3. crede che la vita di ogni uomo sia caratterizzata da alternative inconciliabili, sicuramente incompatibili con la visione della dialettica hegeliana;
  4. Kierkegaard inoltre vede la libertà in senso negativo, in quanto la intende come possibilità, che per lui genera angoscia.

La possibilità: caratteristica ineliminabile dell’esistenza umana

La vita di ogni uomo è caratterizzata da una serie di possibilità, tra le quali l’uomo stesso deve scegliere; la possibilità è per Kierkegaarduna caratteristica negativa della vita umana, in quanto nasconde dietro di sè quella che lui chiama “minaccia del nulla”: perchè ogni possibilità esclude tutte le altre, una volta scelta una di esse, tutte le altre diventano impraticabili.

Kierkegaard sente moltissimo questo tema, tanto che lui stesso si definisce “discepolo dall’angoscia”, angoscia che come vedremo discende proprio dalle possibilità che caratterizzano l’esistenza umana e soprattutto dalle scelte che perciò l’uomo deve continuamente compiere, senza possibilità di conciliazione o di sintesi.

Kierkegaard afferma anche di essere incapace di scegliere, e per descrivere questa sua terribile condizione, dice di vivere la sua vita “al punto zero dell’esistenza”.

Probabilmente è proprio questa la “scheggia nelle carni” di cui Kierkegaard metaforicamente ci parla: l’incapicità di scegliere, la sua personalità caratterizzata da indecisione e instabilità, il fatto che “il suo io non abbia un centro”: proprio per questo Kierkegaard molto spesso scrive sotto pseudonimi differenti, e guarda solo la vita dall’esterno: la sua è una filosofia contemplativa, vede e descrive le scelte che l’uomo può fare, le scelte che a lui si presentano, ma lui stesso sa che non sarà mai in grado di scegliere tra di esse.

Antihegelismo di Kierkegaard

L’avversione di Kierkegaardnei confronti di Hegel si manifesta su diversi argomenti:

  1. Kierkegaard sicuramente non condivide il pensiero hegeliano secondo cui tutto il mondo, tutti gli avvenimenti, sono destinati a portare ad una sintesi conciliatrice e positiva: per Kierkegaard una sintesi non può realizzarsi: l’uomo si trova sempre di fronte a scelte inconciliabili;
  2. Kierkegaard di fronte alla preminenza hegeliana dell’universale, rivendica invece l’uomo nella sua singolarità, nella sua esistenza concreta;
  3. Kierkegaard è contro qualsiasi forma di filosofia oggettiva, che sia valida per tutti, perché secondo il filosofo ogni esistenza è diversa dalle altre, perchè caratterizzata da scelte e possibilità differenti; la sua è infatti una filosofia soggettiva;
  4. è contro il pnteismo idealistico, secondo il quale “tutto è dio”;
  5. inoltre Kierkegaard accusa Hegel di aver eliminato l’originario “soggetto pensante”: Hegel afferma infatti che tutto è pensiero, ma chi è che originariamente lo ha pensato?

La storia per Kierkegaard

A differenza di Hegel, Kierkegaard non crede che la storia sia il mezzo attraverso il quale si attua e si realizza l’Assoluto, ma considera la storia come il “farsi incerto e prive di garanzie dell’individuo”: Kierkegaard rivaluta l’immediatezza delle scelte individuali, senza però negare I condizionamenti che gli eventi storici, econonomici e politici hanno su di esse: nonostante ciò il soggetto vi si inserisce senza alcuna garanzia precostituita.

I valori sono solo interiori, non si realizzano oggettivamente nella storia, ma solamente nel soggetto che agisce.

Dialettica Kierkegaardiana

Anche Kierkegaard ha una sua dialettica, che però si distingue da quella Hegeliana per la sua concretezza:

  • è una dialettica nel senso che si realizza nella tensione tra contrari;
  • è extra-logica in quanto non si realizza nel pensiero ma nella concretezza della vita;
  • non giunge mai ad una sintesi conciliatrice: all’ et-et della dialettica hegeliana si sostituisce l’ aut-aut di quella Kierkegaardiana.

L’angoscia in Kierkegaard

Essa è la condizione in cui il possibile pone l’uomo rispetto al mondo.

L’angoscia è generata nell’uomo a causa del possibile che lo costituisce: l’angoscia non è come la paura, che si riferisce a qualcosa di preciso (paura del buio, dell’acqua ecc), ma non si riferisce a nulla di preciso, è il puro sentimento della possibilità: non è legata a ciò che è, ma è legata a ciò che può essere, alla possibilità del nulla.

L’angoscia è collegata al possibile, e quest’ultimo corrisponde interamente all’avvenire, al futuro: ogni singola scelta, anche quella che ci sembra più insignificante, può in realtà condizionare in maniera decisiva il nostro futuro; anche il passato può generare angoscia: questo accade quando il pasato si presenta come possibile futuro: ad esempio quando si ha paura di ricommettere un errore già commesso in passato.

L’angoscia è strettamente legata al genere umano: “dire umanità significa dire angoscia” , afferma Kierkegaard; angeli e demoni non la conoscono.

Abbiamo già detto che l’angoscia è collegata al possibile, ma sarebbe meglio dire che essa deriva dall’infinità del possibile : nel possibile tutto è possibile, anche e soprattutto il negativo: ogni possibilità positiva è annientata e sopraffatta da altre infinite possibilità negative. Proprio l’infinità del possibile rende l’angosci insuperabile.

La disperazione in Kierkegaard

La disperazione è la condizione in cui il possibile pone l’uomo rispetto alla sua interiorità, al suo “io”.

Essa è una “malattia mortale”: è il tenativo impossibile di negare la possibilità dell’io, e tale negazione può avvenire attraverso due atteggiamenti che l’io può assumere:

  • o considerando se stesso autosufficiente, volendo essere se stessi a tutti I costi: in questo caso si pensa erroneamente di poter bastare a se stessi;
  • oppure l’io può avere il desiderio di disfarsi di se stesso, volendo essere un io che non si è veramente;

In entrambi I casi l’io si scontra con l’impossibilità del tentativo, che genera disperazione.

Antidoto alla disperazione per Kierkegaard è la FEDE:

Essa è in realtà un “aiuto che non aiuta” in quanto non si sostituisce all’uomo nelle scelta che quest’ultimo deve fare, ma semplicemente fa sì che l’uomo, pur volendo essere se stesso, non si illude di poter essere autosufficiente, ma riconosce la propria dipendenza da Dio e a lui si affida.

L’uomo, di fronte all’instabilità del mondo, causata dal possibile, paradossalmente si affida al principio di ogni possibilità, ossia a Dio stesso, cui tutto è possibile.

Inoltre, nel suo rapporto con Dio, l’uomo è solo, isolato.

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