Riassunto “Diritti Sociali” – Marco Benvenuti

INQUADRAMENTO STORICO DEI DIRITTI SOCIALI

I diritti sociali nascono assieme alla questione sociale divampata nella “seconda” prima metà dell’Ottocento.

  • Settecento riformatore: ci si interroga su una possibile rideclinazione della dialettica tra libertà e autorità;
  • 1789: Rivoluzione Francese: si afferma nella nuova costituzione francese che “gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti”; in realtà in questa fase storica, i “diritti sociali”, non si intendono ancora veramente come tali, ma sono piuttosto dei doveri unilaterali della società e non dello Stato nei confronti dei cittadini più bisognosi.
  • Ottocento avviato: sul piano politico si afferma finalmente una realzione “verticale”, che parte dallo Stato e arriva alle classi subalterne: queste ultime infatti scatenano il loro moto rivendicativo proprio verso uno Stato che viene avvertito come “monoclasse”, ossia espressione dei soli ceti dominanti; sul piano economico-sociale abbiamo l’importantissimo evento della Rivoluzione industriale, che, creando una nuova classe “indigena”, quella degli operai, fa insorgere maggiormente le classi subalterne un po’ in tutto il mondo.

I DIRITTI SOCIALI COME OGGETTO COSTITUZIONALE

Le rivendicazioni che divampano nel primo Ottocento sono destinate a divenire veri e propri diritti; si tratta però di diritti particolari, fatti non per i forti, bensì per i deboli. Tali sono i diritti sociali, le cui caratteristiche possono essere così riassunte:

  • sono espressione di una diffusa tendenza polemica rivolta contro lo stato delle cose;
  • sono conseguenti al riconoscimento, da parte dell’ordinamento giuridico, del fatto che ci fosse una parte della popolazione mancante di qualcosa e dunque bisognosa di quel qualcosa, che non aveva, a differenza di altri, la possibilità di godere;
  • sono diritti esclusivamente delle persone che ne hanno bisogno di essere protette, non sono dunque diritti a cui chiunque possa appellarsi;
  • producono un diritto “diseguale”: nel senso che tale diritto prevederà nel concreto non trattamenti uguali per tutti, ma trattamenti diversificati per ciascuno in base al bisogno;
  • per essere soddisfatti richiedono l’intermediazione dei pubblici poteri, a cui si rivolgano affinchè intervengano a livello sociale; ma essi si rivolgono anche alle classi dominanti che incarnano lo Stato;
  • loro scopo è consentire alle classi subalterne la partecipazione ai benefici della vita associata; lo strumento attraverso il quale ciò si realizza è la redistribuzione della ricchezza socialmente prodotta.

Ma perché e in che senso questi diritti sono “sociali”?

Innanzitutto essi prendono in considerazione le aspettative che i cittadini hanno in quanto individui sociali che vivono in società con altri individui; inoltre muovono dall’oggettività della realtà sociale, caratterizzata dalla diseguaglianza. 

essi si caratterizzano per il fatto di richiedere una prestazione volta alla “demercificazione” di alcuni beni della vita e richiedono un comportamento attivo e non omissivo dello Stato: è lo Stato che deve intervenire nel sociale per realizzarli concretamente; ciò fa di essi dei diritti PRETENSIVI.

Altra loro caratteristica è l’obiettivo economico, coesivo ed emancipativo, che fa di essi dei diritti REDISTRIBUTIVI, in quanto prevedono appunto la redistribuzione della ricchezza stessa per raggiungere il fine emancipativo ed eliminare le distinzioni economiche.

Non tutti i diritti pretensivi sono anche redistributivi e viceversa, ma solo quelli che hanno entrambe queste caratteristiche possono essere considerati davvero DIRITTI SOCIALI.

STORIA DEI DIRITTI SOCIALI LUNGO L’OTTOCENTO

I diritti sociali si sono “inseriti” nella storia dell’Ottocento percorrendo due percorsi differenti:

  1. da una parte, essi sono nati in conseguenza all’esclusione delle classi subalterne dalla partecipazione al potere: è ciò che successe ad esempio in Germania, dove Stein fu il primo a enfatizzare il compito della pubblica amministrazione di obbligare i più abbienti a concorrere col loro capitale al raggiungimento di fini sociali per il sollievo delle classi meno abbienti e per attutire la lotta di classe; il suo pensiero fu poi seguito da altri simili, che incoraggiavano l’ampliamento dei diritti anche alla sfera economico-sociale; si arriva infine a riconoscere la capacità degli individui, tutelata giuridicamente, di richiedere allo Stato prestazioni positive; questo sarà il punto di partenza per la riflessione novecentesca sui diritti sociali;
  2. dall’altra parte essi, come accadde in Francia, si inserirono invece in un percorso unificante che aveva lo scopo di ampliare lo “status civitatis”: per la prima volta, proprio in Francia, nel 1848, il lavoro venne concepito come diritto sociale, pretensivo e redistributivo: ciò fu tanto importante che alcuni ne parlano come della “scoperta del sociale”

I DIRITTI SOCIALI NEL PRIMO NOVECENTO

Dopo la Prima Guerra Mondiale, praticamente in tutti gli Stati uscenti dalla Guerra, si avviò un processo costituente, che comportò l’ascrizione di nuovi diritti, alcuni dei quali prevedevano anche interventi dei pubblici poteri in termini di “socializzazione” sul piano economico-sociale. Con tali diritti abbiamo quindi il superamento dello Stato liberale, che si fondava invece sulla totale estromissione dello Stato dall’economia.

Questo accadde però in maniera differenti all’interno dei diversi Stati:

  1. Negli Stati autoritari in realtà mancavano le stesse basi per poter permettere ai diritti sociali di affermarsi: infatti molto spesso le stesse dinamiche sociali “reali” venivano occultate per mantenere i rapporti di forza esistenti;
  2. Negli Stati socialisti era invece assente il carattere rivendicativo dei diritti sociali;
  3. Solo negli Stati democratici si ebbe effettivamente il tentativo, sebbene solo avviato e non del tutto compiuto, di correggere le conseguenze dell’assetto economico-sociale (diseguaglianza di fatto) fondato sul principio della proprietà: obiettivo principale dei diritti sociali, che ebbe una parziale realizzazione con la Costituzione di Weimar(1919).
  4. In America si diffondono le teorie di Keynes, che, dopo la terribile crisi del 1929, trovano attuazione nel “New Deal” del presidente americano Roosevelt: si trattava di una politica che prevedeva un forte intervento dello Stato in economia, Stato che doveva spendere, indebitarsi, per aumentare così l’occupazione e il benessere dei suoi cittadini, che di conseguenza avrebbero comprato di più, e dunque “coperto” l’iniziale e necessario disavanzo.

I DIRITTI SOCIALI NELLA COSTITUZIONE ITALIANA

Nella neonata Repubblica italiana, i diritti sociali sono mezzo, fine, presupposto e obiettivo del nuovo ordinamento italiano.

Essi hanno un Italia un vastissimo consenso: un personaggio famoso come Togliatti era fermamente convinto che senza tali diritti la libertà e l’indipendenza non sarebbero potute essere assicurate ai cittadini.

Tali diritti apparsero nell’orizzonte italiano con una grande carica innovativa, in quanto erano portatori di una nuova concezione secondo la quale è lo Stato che deve essere al servizio della persona.

Ma dove ritroviamo questi diritti all’interno della nostra Costituzione? Li ritroviamo in diversi articoli:

  • ART. 1 Cost. : già solo l’apparizione dei termini “Repubblica democratica” sottolinea l’identificazione tra cittadino e Stato: il benessere dell’uno garantisce quindi anche il benessere dell’altro: già da qui possiamo vedere il principio secondo cui lo Stato deve garantire tale benessere; affermando che tale Repubblica si fonda sul lavoro, si intende creare una connessione tra il piano politico e il piano economico-sociale, che è poi quello che mediante i diritti sociali si realizza; inoltre vediamo come il lavoro sia considerato come fondamento sociale della convivenza, è il diritto sociale per eccellenza, quello da cui sgorgano tutti gli altri, in cui esso si soggettivizza; abbiamo così la realizzazione di uno Stato sociale, creato in risposta a una domanda venuta dal basso, che si basa sulla concezione della necessità di un favor particolare riservato agli interessi dei ceti subalterni e alla loro tutela.
  • ART. 2 Cost. : in esso vengono garantiti i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità; il riferimento alla personalità ci fa capire che l’uomo viene considerato concretamente, nella concretezza della sua esistenza; inoltre da qui deriviamo un’altra caratteristica dei diritti sociali: essi sono diritti soggettivi, individuali, ma nonostante ciò, in grado di determinare l’evoluzione complessiva della società; nell’articolo 2 vediamo dunque una connessione tra diritti sociali e solidarietà “sociale”: loro scopo è proprio quello di eliminare le distinzioni che esistono di fatto tra le persone, potremmo dunque dire che il loro è un fine “solidale”.
  • ART. 3 Cost.: nell’articolo 3, per ben due volte, ritroviamo la parola “sociale” : “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale  e sono eguali di fronte alla legge senza distinzioni di condizioni personali e sociali“; condizioni e dignità sociale insieme formano la “personalità sociale”: quest’ultima indica quelle qualità attraverso le quali è possibile individuare un uomo all’interno delle sue relazioni sociali. Vediamo come questi diritti sociali sono ricondotti all’articolo 3 e dunque al principio di eguaglianza: innanzitutto lo stesso comma 2 di questo articolo, imponendo il principio di eguaglianza sostanziale, riconosce che ci sia una disuguaglianza di fatto, per provvedere alla quale è necessario modificare l’ordinamento sociale per adeguarlo a quello giuridico: cosa del resto gli stessi diritti sociali si propongono di fare: sono proprio i diritti sociali a svolgere questa funzione di “eguagliamento” rimuovendo ostacoli economici e sociali, avendo come obiettivo la piena partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale.

I DIRITTI SOCIALI E IL LORO STATUTO COSTITUZIONALE

Rapporto tra diritti sociali e altri diritti costituzionali

Nella fase costituente già venne alla luce l’importanza che tali diritti avrebbero dovuto nella nuova Costituzione; lo vediamo da alcuni fatti:

  • venne rigettata la proposta di porre tali diritti in un preambolo: così si sarebbe accettata una loro tacita minorità rispetto a quelli contenuti nella Costituzione vera e propria;
  • inizialmente l’art. 2 Cost. prevedeva solo i diritti di libertà, ma successivamente, la formula venne ampliata inglobando tutti i “diritti inviolabili”, andando così a riguardare anche i diritti sociali stessi.

Allora in cosa si differenziano dagli altri diritti costituzionali?

  • innanzitutto essi, come abbiamo già visto, sono pretensivi e dunque sono “condizionati”: ciò vuol dire che il loro godimento dipende dall’esistenza di un’organizzazione erogatrice delle prestazioni oggetto dei diritti stessi: quindi differiscono dagli altri diritti solo per la necessaria interposizione del legislatore ordinario e/o della pubblica amministrazione, ma nonostante ciò, al pari degli altri diritti, possono generare, nel caso in cui vengano omessi, rimedi giurisdizionali in nome della Costituzione.
  • Nei casi concreti possono verificarsi dei contrasti tra un diritto sociale e altri diritti: questi andranno risolti di volta in volta, facendo valere l’uno sugli altri o viceversa a seconda delle circostanze, a patto che una diminuzione di un diritto sociali si giustifichi in termini finalistici.

I DIRITTI SOCIALI E LA DISCIPLINA COSTITUZIONALE DELL’ECONOMIA

Essendo in un Paese basato su un’economia capitalista, occorre trovare le condizioni per un nuovo equilibrio economico per ridefinire i rapporti tra Stato ed economia e riorganizzare i rapporti sociali: i diritti sociali sono uno strumento per realizzare ciò, strumenti che prevedono però l’intervento dello Stato.

SOGGETTI PASSIVI O OBBLIGATI 

I soggetti passivi o obbligati sono i pubblici poteri: obbligati in quanto devono garantire i diritti sociali, e per farlo devono intervenire in nome dello Stato, in quanto i privati non possono garantirli.

Nonostante ciò, soprattutto a partire dal Novecento, si è comunque riconosciuto il fatto che alcuni privati hanno un vantaggio economico: e nei confronti di essi vi è un disfavore che, in un certo senso, dà attuazione alla garanzia dei diritti sociali stessi.

SOGGETTI ATTIVI O BENEFICIARI 

La Costituzione elenca espressamente alcuni soggetti destinatari dei diritti sociali: lavoratori, figli, indigenti, studenti capaci e meritevoli anche se privi di mezzi, donne lavoratrici, cittadini inabili al lavoro, lavoratori in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia, ecc.

Alcuni sono però, in specifici casi, riferiti a tutti:

  • DIRITTO ALLA SALUTE
  • DIRITTO AL LAVORO, anche se poi ci si appella solo quando questo effettivamente manca o viene a mancare: quindi solo se si ha un effettivo bisogno.

I DIRITTI SOCIALI DAL PUNTO DI VISTA DEGLI OGGETTI 

  • ART. 4 Cost.: verte sul diritto al lavoro: esso spetta a tutti i cittadini: quindi i pubblici poteri e il legislatore devono impegnarsi a garantire la piena occupazione, così come i datori di lavoro devono impegnarsi per stabilizzare il rapporto lavorativo.
  • ART. 30 Cost.: diritto al mantenimento, all’istruzione e all’educazione spettante ai figli, anche se nati fuori dal matrimonio; il riferimento al mantenimento ci fa intuire la connessione di tale diritto con la sfera economica; esso ricade in primis sui genitori, ricadrà sui pubblici poteri qualora questi ultimi risultino incapaci; da notare è la garanzia della parte sia privata sia pubblica (educazione) del processo di crescita del figlio.
  • ART. 32 Cost.: diritto alla tutela della salute: spetta a tutti (agli indigenti sono garantite cure gratuite); questo perchè la salute viene vista come un interesse collettivo e qualificata come DIRITTO FONDAMENTALE.
  • ART. 34 Cost.: diritto ad una scuola aperta, alla gratuità dell’istruzione inferiore (8 anni) e diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi, anche per gli studenti che non ne hanno i mezzi.
  • ART. 36 Cost.: diritto di ciascun lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè ed alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa; afferma inoltre il diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite: questo per garantire il riposo psicofisico, un periodo di tempo ricreativo, da dedicare a sè ed alla famiglia: il lavoratore viene considerato come persona e non come homo aeconomicus.
  • ART. 37 Cost.: diritto (per le donne incinte o comunque con bambini) a condizioni di lavoro tali da consentire l’adempimento dell’essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. Questo articolo tutela anche il lavoro minorile.
  • ART. 38 Cost.: diritto al mantenimento e all’assistenza sociale per i cittadini inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere: abbiamo dunque una doppia condizione che deve essere verificata per poter godere di tale diritto; esso mira ad eliminare situazioni di bisogno che vanno a minare la dignità della persona; esso prevede, per essere garantito, l’esistenza di organi ed istituti a carico dello Stato. Questo articolo prevede inoltre la disponibilità di mezzi adeguati alle esigenze di vita spettante ai lavoratori in caso di: infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria (categoria molto ampia).Il comma 3 dell’articolo 38 prevede inoltre il diritto all’educazione e all’avviamento professionale, spettante a inabili e minorati, per garantire a questi ultimi l’accesso al lavoro.
  • ART. 46 Cost.: diritto a collaborare alla gestione delle aziende, spettante ai lavoratori, sempre “in armonia con le esigenze della gestione”: è quindi il legislatore che ne stabilisce modi e limiti.

IL SISTEMA DEI DIRITTI SOCIALI E I SUOI ELEMENTI DI STRUTTURA

Nella nostra Costituzione, che ha sicuramente dato ai diritti sociali la più ampia considerazione, possiamo rinvenire due loro elementi di struttura:

  1. la preminenza del lavoro come principio e diritto costituzionale;
  2. la prefigurazione di un sistema di protezione sociale per realizzare condizioni pratiche di sicurezza contro tutti i rischi della vita associata.

Entrambi questi elementi rientrano in un paradigma ideale, in cui il punto di riferimento essenziale per la spettanza dei diritti ascritti al sistema è il lavoro stesso. Ad esso viene attribuita una funzione emancipatrice e socializzatrice, funzione che assolve pienamente qualora non ci si trovi in uno dei casi previsti dall’art. 38 Cost. e quindi ad esso ci si può appellare solo qualora il lavoro non possa raggiungersi.

I DIRITTI SOCIALI NELLO SVOLGERSI DELL’ESPERIENZA COSTITUZIONALE ITALIANA

Dagli inizi agli anni ‘ 70 del Novecento

  • Anni ‘ 50 – ‘ 60: con la sentenza 1/1956 si garantisce la tutela dei diritti costituzionali; ma le ragioni delle libertà di iniziativa economica privata prevalgono rispetto a quelle legati al diritto al lavoro, che non vengono neppure prese in considerazione.
  • Anni ‘ 60: alcuni diritti sociali cominciano ad attirare l’attenzione del giudice costituzionale: abbiamo le prime sentenze sulla previdenza sociale, in cui si afferma che essa è volta a garantire al lavoratore il soddosfacimento di un minimo di bisogni vitali; compare la concezione della pensione come “retribuzione differita”; si riconosce la proporzionalità tra contributi versati e misura della pensione; si prevedeva che la copertura finanziaria degli oneri previdenziali e assistenziali venisse dallo Stato stesso.
  • Anni ‘ 70: continua il favore nei confronti dei diritti sociali, ma questo si caratterizza per la mancanza di un filo conduttore, indice di una scelta di fondo unitaria: si trattava di un meccanismo non pilotato: ma questo non preoccupava all’epoca: era infatti un’epoca di benessere economico, in cui il conflitto sociale era quasi inesistente e comunque attenuabile nel contesto di crescita economica (che poi però verrà a mancare); quindi si pensava che la politica legislativa di solidarietà sociale si sarebbe evoluta e stabilizzate gradualmente, dando per scontato un contesto di crescita economica di fondo; ma esso verrà a mancare, e in un contesto di “non crescita” economica, il ricorso alla gradualità sembrerà una mera giustificazione alle limitazioni apportate ai contenuti dei diritti sociali. Già nel 1974 in una conferenza si cominciò a prendere atto della possibilità di una “decrescita” economica: in questo caso sarà sicuramente difficile soddisfare tutti i bisogni, visto che le risorse saranno impoverita, ma si avvertirà ancor di più il bisogno di ancorarsi al sistema stesso dei diritti sociali.
  • Anni ‘ 80:  negli anni ’70 i legislatore ordinario aveva il compito, lascatogli dalla Corte Costituzionale, di “quantificare e ripartire” i sacrifici: aveva in pratica campo libero in materia di diritti sociali; dunque, con l’avvento della crisi economica, i legislatori cominciarono ad attuare dei provvedimenti per risanare l’economia, andando ad attuare delle restrizioni proprio in materia di diritti sociali (appiattimento pensioni): la Corte però non rimase silente, decide di ammonire tali legislatori, ma di fronte al loro silenzio essa rimase disarmata, assume un atteggiamento comprensivo e accondiscendente di fronte alle scelte del legislatore, almeno inizialmente; poi decide di prendere lei stessa in mano la situazione e sostituirsi al legislatore nella distribuzione di oneri e spese: il risultato furono moltissime sentenze additive di prestazione, per ristabilire l’eguaglianza e i diritti sociali stessi (prevedendo una prestazione da parte dello Stato “aggiuntiva”), appellandosi al principio di eguaglianza e dunque all’art 3 Cost.: tra ’87 e ’88 abbiamo il picco di sentenze emesse e il picco dell’interventismo della Corte in tale materia; naturalmente tutte queste sentenze, sicuramente in favore dei diritti sociali e quindi in favore di un intervento, anche economico dello Stato, costavano molto allo Stato stesso: 
  • Anni ‘ 90: per questo la Corte venne accussata di aver dissestato le finanze dello Stato, e successivamente riconobbe lei stessa esigenza di risanare le finanze dello Stato: ciò naturalmente ha effetto sui diritti sociali: fino a poco prima questi ultimi erano sanciti come inviolabili, ora invece sono subordinati alla disponibilità collettiva di risorse di cui lo Stato dispone: adesso è l’equilibrio finanziario ad essere qualificato come indispensabile (sent. 2/1994). Il potere torna nelle mani del legislatore, mentre la corte rinuncia alla tencica decisoria molto incisiva delle sentenze additive di prestazione, alle quali potrà ricorrere solo nel caso in cui ci si trovasse in una situazione di eccessiva preponderanza dell’equilibrio di bilancio che vada a ledere la dignità umana e in caso di esercizio irragionevole della discrezionalità legislativa. Si riconosce dunque l‘intangibilità del potere discrezionale del legislatore. 

Come si spiega il predominio dell’equilibrio finanziario sui dirittu sociali?

È corretto riconsiderare la situazione da un’altra prospettiva: la disponibilità delle risorse finanziarie è un “fatto” che può, a giusto titolo, incidere sul graduale processo di attuazione di un determinato diritto sociale, basta che non sia elemento costitutivo del suo contenuto.

  • Anni 2000: la Corte si “autoconcepisce” come garante del contenuto “minimo” dei diritti sociali, ma tale contenuto minimo non viene poi mai specificato e dunque rimane aperto l’interrogativo circa l’effettiva capacità della Corte di intervenire in presenza di una perdurante inattuazione da parte del legislatore ordinario nei confronti dei diritti sociali.

I DIRITTI SOCIALI DI FRONTE ALLA PLURALIZZAZIONE DEI LIVELLI NORMATIVI

I diritti sociali vennero riconosciuti anche a livello internazionale nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE (Nizza, 2000); in essa i diritti sociali vengono riconosciuti come fondamentali, anche se manca il riferimento al diritto al lavoro. Ma tali diritti hanno obiettivi ben più grandi dei diritti sociali finora considerati:

  1. mirano a promuovere l’occupazione;
  2. a garantire una protezione sociale adeguata;
  3. a migliorare le condizioni di lavoro;
  4. ecc.

Tutto ciò con delle limitazioni: 

  • tale evoluzione in senso sociale deve risultare dal funzionamento del mercato interno;
  • tali interventi non devono incidere sull’equilibrio finanziario degli Stati membri;

In realtà, nei fatti, la Corte di giustizia dell’UE, ha realizzato un bilanciamento ineguale, a favore delle libertà economiche sui diritti sociali stessi.

Con la crisi del 2008, si introdusse, con il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell’unione economica e monetaria, delle decisioni, il principio dell’ equilibrio di bilancio al fine di ridurre il debito pubblico, con conseguente sicuramente negative e restrittive sull’attuazione dei diritti sociali, per i quali venivano sottratte risorse.

STATO E REGIONI

  • legge costituzionale 3/2001: lo Stato ha potestà legislativa nella materia della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; così l’intervento delle Regioni in materia era sicuramente limitato;
  • sentenza 10/2010: almeno nella situazione di crisi, presente dal 2008, lo Stato deve comunque garantire il coinvolgimento degli enti locali secondo il principio di leale collaborazione.

Resta aperta la questione: è possibile garantire l’effettività dei diritti sociali in un contesto generale segnato da una pervasiva crisi economica di cui non si vede l’epilogo?

 

 

6 pensieri su “Riassunto “Diritti Sociali” – Marco Benvenuti”

  1. Ottimo riassunto del libro del prof. Benvenuti. Il linguaggio è tecnico e non manca nulla! 😉

  2. Buonasera, grazie per un ottimo riassunto!
    Avrei una question, il libro finisce così, senza risposta all’ultima domanda posta?
    Grazie in anticipo!

    1. Si esatto, finisce con questa domanda probabilmente per suscitare la riflessione del lettore su questo argomento, anche se tutto lascia intendere che si tratti di una domanda retorica, a cui però solo il tempo potrà dare una risposta.

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