Fonti di copertura del fabbisogno

Le fonti di copertura del fabbisogno si dividono in:

  • Interne: esse di suddividono a loro volta in autofinanziamento improprio (costituito da tutti i fondi: fondo TFR, fondo manutenzione, fondo imposte, fondo svalutazione crediti) e in autofinanziamento proprio, costituito dall’utile d’esercizio.
  • Esterne: sono capitale proprio, il quale è durevole, non genera costi fissi e non prevede il rimborso, e capitale di credito, che può essere più o meno durevole a seconda del tipo di contratto che si stipula con la banca (anticipazione bancaria, mutuo, ecc.), genera costi fissi e prevede il rimborso. Ma come si sceglie, per coprire il fabbisogno, a quanta percentuale di capitale proprio e a quanta di capitale di credito ricorrere? Occorre tenere in considerazione diversi fattori per poter effettuare questa scelta:
  1. Rischio limite: deve governare le scelte in questo tema: esso prende in considerazione l’ipotesi più negativa per un’azienda: la liquidazione; il rischio limite è misurato attraverso la perdita patrimoniale che l’impresa subirebbe se fosse costretta allo scioglimento a causa di uno squilibrio economico della gestione non risanabile. Esso si calcola effettuando la differenza tra il valore degli investimenti in essere e quello che l’impresa riuscirebbe a recuperare in fase di liquidazione. Serve a capire a quanto debba ammontare il capitale proprio minimo: quest’ultimo deve essere quindi almeno pari al rischio limite stesso, in modo tale che, anche in ipotesi di liquidazione, la perdita intaccherebbe solo gli azionisti e non i fattori in posizione contrattuale, in modo tale che l’impresa possa comunque onorare gli obblighi assunti con terzi. Il valore di liquidazione indica invece il ricorso massimo al capitale di credito.
  2. Rischio d’impresa: quando è alto, è opportuno limitare il ricorso al capitale di credito, che va ad aumentare il rischio, aumentando i costi fissi.
  3. Andamento del fabbisogno: 3 ipotesi: 1. fabbisogno tendenzialmente decrescente: in questo caso, se l’impresa ricorresse troppo o esclusivamente al capitale proprio avrebbe esuberanza di capitale, ed è dunque opportuno ricorrere al capitale di credito: di medio-lungo andare per i primi anni, di breve per i seguenti (es: 20% capitale proprio, 80% capitale di credito); 2. fabbisogno tendenzialmente crescente: in questo caso l’impresa dovrà ricorrere maggiormente al capitale proprio: infatti l’impresa non può controllare gli azionisti e non è detto che la banca, vedendo il crescere del fabbisogno dell’impresa, le faccia nuovi finanziamenti: quindi è meglio ricorrere maggiormente al capitale proprio per mantenere intatta la capacità di credito, la capacità cioè di ottenere ancora finanziamenti dalle banche (es: 70% capitale proprio, 30% capitale di credito); 3. fabbisogno tendenzialmente costante: per scegliere in che percentuale ricorrere a capitale proprio e capitale di credito, prevalgono le altre condizioni.
  4. Costo dell’indebitamento: quando un’impresa si indebita, abbiamo il così detto “effetto leva dell’indebitamento” : si tratta di un effetto che, se sussistono determinate condizioni, ha conseguenze positive per l’impresa: tale fenomeno si spiega in quanto il capitale di credito costa meno del capitale proprio , perchè quest’ultimo si aspetta anche il premio per il rischio. L’effetto leva è efficace e notevole quando il tasso d’interesse a cui ci si indebita si mantiene minore o uguale al ROI, che indica la redditività del capitale proprio e si calcola in questo modo:  REDDITO LORDO / CAPITALE INVESTITO; l’effetto leva fa sì che si abbassino le imposte: infatti quando l’impresa si indebita la percentuale di imposte da pagare viene calcolata non su tutto il reddito, ma sul reddito al netto degli interessi, e dunque tale percentuale di abbassa e l’impresa ha di conseguenza meno spese. Limiti dell’effetto leva: 1) c’è comunque il rischio limite al di sotto del quale il capitale proprio non può scendere (l’impresa deve poi per legge ricorrere ad una soglia minima di capitale proprio); 2) l’indebitamento genera comunque costi fissi, e dunque, anche se con l’effetto leva aumenta la redditività, aumenta comunque anche il rischio.
  5. Posizioni e intenti del soggetto economico: anche se dopo l’analisi dei precedenti punti, l’impresa pensasse, ad esempio, che fosse ragionevole ricorrere maggiormente al capitale proprio, ma il soggetto economico non fosse in grado di conferirlo ma volesse comunque mantenere la sua posizione, allora si deciderà di puntare maggiormente sul capitale di credito, pur non essendo questa la scelta giusta e ragionevole: quindi le scelte strategiche del soggetto economico possono andare a compromettere l’economicità, a violare le stesse regole di razionalità economica.

2 pensieri su “Fonti di copertura del fabbisogno”

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